domenica 26 aprile 2009

OGM: Contaminazione Irreversibile (o forse no?)

Da alcuni giorni ci capita di dover discutere con persone che vivono nella paura della "contaminazione irreversibile" da OGM. Vorremmo spendere giusto 2 righe per rassicurarli.

Innanzitutto

1) il fatto di trovare, in un'epoca di "estinzioni di massa", un qualcosa che "irreversibilmente" sopravviva, tuttosommato non dovrebbe dispiacere...

peccato però che

2) se questo super-essere dovesse esistere, non sarebbe di certo un OGM oggi in commercio.

eccovi la dimostrazione:Vediamo di capire cosa significa...


Il caso Starlink

Accanto al lavoro di Crawley che dimostra come le piante coltivate (OGM e non) dopo 3 anni, se non "coltivate" (è un po' cacofonico, ma rende l'idea), spariscono dagli habitat naturali... ...abbiamo un altro interessante dato che ci rassicura sulla "non persistenza ambientale" degli OGM commerciali: il mais Starlink.

Questo mais meriterà in futuro sicuramente un approfondimento. Per ora basti sapere che era stato autorizzato (precauzionalmente) solo ad uso mangimistico perchè secondo i test in vitro erano emerse indicazioni su di una potenziale allergenicità della nuova proteina prodotta (in quanto stabile al calore e agli enzimi digestivi) .

Nel 2000 furono però ritrovate tracce di mais Starlink (a livello di DNA, non di proteina) in alcuni tacos e nel 2001 il mais Starlink fu ritirato dal mercato.

Tralasciando la vicenda sanitaria che ne seguì (che si concluse con una bolla di sapone, perchè non fu provato nessun effetto clinico associabile al consumo di questo mais), ciò che ci interessa è capire cosa successe in termini di "contaminazione" ambientale. Insomma il mais Starlink è irreversibilmente entrato nel nostro ambiente o è sparito? Saremo contaminati dallo Starlink per sempre o è acqua passata?

La risposta ce la dà l'EPA (Agenzia per l'Ambiente Americana) che si è fatta carico di svolgere dal 2001 le analisi per rintracciare la presenza Starlink nelle partite di mais. Il risultato è il grafico che abbiamo inserito in apertura a questo post. Interessante no?

In sostanza di Starlink, da marzo 2005, non se ne trova traccia nelle partite di mais americane (unico paese a coltivarlo). E non stiamo parlando di analisi che avevano come obiettivo quello di cercare la % di Starlink presente nei campioni, ma solo di verificarne la sua eventuale presenza (ovvero tolleranza zero)!


La controprova

Gli scienza-scettici verranno subito a dirci che questi dati non sono affidabili perchè l'EPA è sicuramente stata pagata dalle multinazionali per insabbiare il tutto (P.S. già che ci siamo vorremmo far notare che anche in questo caso Monsanto non c'entra nulla, lo Starlink era infatti prodotto da Aventis, ora Bayer).

Questa volta però abbiamo dalla nostra nientemeno che Greenpeace la quale, seppur assolutamente ottusa nelle sue posizioni, ci fornisce su di un piatto d'argento la controprova della reversibilità della "contaminazione" genetica. Eccovi qui infatti la mappa delle contaminazioni "mondiali" da Starlink che hanno stilato sul loro sito (con tanto di titolone ad effetto).


L'ultima "contaminazione" riportata è del 2004 (5 anni fa!!) e, nonostante tutte queste belle freccine, si è sempre trattato di "contaminazioni" ridicole (tracce o qualche 0,0x%) che in agricoltura prendono il più sensato nome di "presenza accidentale". Tra l'altro solo 2 di queste segnalazioni sono state registrate dopo il ritiro dal mercato del mais Starlink.

2000
Canada, tracce
Egitto, tracce
Giappone, tracce
Sud Corea, tracce

----------- 2001 - ritiro dal mercato ------------

2002
Bolivia, 0,1%

2004
Guatemala, tracce

In conclusione, la reversibilità della "contaminazione" genetica, soprattutto per quanto riguarda il mais che non ha specie selvetiche con cui incrociarsi nè in USA nè in Europa, è cosa nota e provata anche da coloro che più si oppongono agli OGM i quali però, nonostante l'evidenza, continuano a dire:

Il rilascio in natura di OGM tramite coltivazione e allevamento o contaminazione accidentale può produrre effetti irreversibili sugli ecosistemi. Diversamente da un inquinante chimico, gli OGM sono organismi viventi e possono riprodursi e moltiplicarsi, estendendo la propria presenza sia nello spazio che nel tempo, sfuggendo a qualsiasi controllo.

Dite che c'è da fidarsi di loro?

mercoledì 1 aprile 2009

A tutto campo (sui 2 pesi e 2 misure)

Cosa pensereste se vi dicessero che una multinazionale ha modificato un gene del girasole per renderlo tollerante ad un erbicida (di sua proprietà) e poi ha messo in commercio la varietà senza seguire la normativa prevista per gli OGM?

E se sviluppasse con lo stesso metodo anche frumento, riso, sorgo, colza, soia, mais... sempre senza eseguire estensive prove di sicurezza alimentare e ambientale?

E se ci fossero potenziali ricadute negative non solo sulle pratiche agronomiche, ma anche sulla concorrenza?

E se gli agricoltori fossero “caldamente” invitati a non riusare il seme, ma a riacquistarlo ogni anno, insieme all’erbicida, della ditta di cui sopra?

Se pensate che questo sarebbe inaccettabile… sappiate che è esattamente quello che è successo e sta succedendo: già ora!

Anche se il protagonista di questa storia, probabilmente, non è quello che avete in mente...


Resistere, Resistere, Resistere!

Contrariamente a quanto spesso si sente dire in giro, la resistenza agli erbicidi non è un carattere nato con le piante transgeniche, ma ben più anziano. Risale infatti alla metà degli anni 60 (ben prima dell’arrivo degli OGM) ed è un carattere storicamente apprezzato dagli agricoltori perché semplifica non di poco le operazioni colturali.

Se visitate il sito della BASF e fate, ad esempio, una ricerca con “Clearfield”, trovate numerosi prodotti (legalmente non-OGM) che vengono promossi per la loro tolleranza ad un erbicida. Si veda il frumento o il riso o altri ancora.

Tutte queste varietà sono resistenti ad un composto della classe dei Imidazolinoni (il principio attivo è l’Imazethapyr) che colpisce l’acetolattato sintasi (ALS), il primo enzima nella via di biosintesi di leucina, isoleucina e valina, tre amminoacidi indispensabili per la sopravvivenza della pianta.

Piante (mutanti) resistenti a questa classe di erbicidi sono state isolate in numerose specie (ad esempio nella specie modello Arabidopsis) e spesso la resistenza agli imidazolinoni è associata anche alla resistenza alle sulfoniluree.

Una decina di anni fa è stata scoperta anche una variante naturale del girasole selvatico tollerante all’erbicida Beyond (Imazamox) commercializzato dalla BASF. Le varietà da esse sviluppate, che richiedono l'uso dell'erbicida della BASF, sono in commercio anche in Italia.

Nel tempo BASF ha sviluppato una serie di altre piante resistenti all’erbicida. Il gene resistente è stato selezionato in alcuni casi da mutanti spontanei, e inserito tramite incrocio nelle nuove varietà, in altri casi è stato ottenuto tramite mutagenesi classica, in altri ancora verrà sviluppato usando una tecnica di mutagenesi sito diretta sviluppata da CIBUS.

Come alcuni giustamente sottolineano, questa tecnica è probabilmente più sicura rispetto alla mutagenesi classica, ma è altrettanto evidente che si tratta di una modifica genetica, deliberata, ben precisa e mirata: anche se non è oggi soggetta a tutta la regolamentazione a cui sono soggetti i transgenici. Questa tecnica potrebbe addirittura portare ad una ridefinizione del concetto di modificazione genetica nella legislazione (non nella biologia, quella ha sempre avuto le idee chiare).

La ditta però non vuole nemmeno entrare in tema e afferma: “all CLEARFIELD varieties are developed using traditional plant breeding techniques to meet the global demand for non-GMO grains”.

O ancora: “Since the CLEARFIELD trait for sunflowers is naturally occurring, and was cultivated and incorporated into germplasm with traditional plant breeding procedures, the CLEARFIELD technology is not a genetically modified organism (GMO).”

La BASF insieme a Cibus Genetics negli Stati Uniti applicheranno la tecnologia innovativa alla colza e si sta lavorando anche su riso, sorgo e frumento. E il sito di Cibus annuncia in prima pagina che: “Cibus produces traits that are free of the market resistance and regulatory burden of products engineered using the introduction of foreign genetic material.”


Alcune riflessioni

Dobbiamo ammettere che questa nuova tecnologia di modificazione genetica (RTDS) ci piace molto e dimostra come possano essere belle le biotecnologie. Diversa questione però si pone sul risultato operativo che abbiamo trattato.

Fatichiamo infatti a comprendere il perchè una soia Round-up Ready tollerante al glifosato (per la legge un OGM) debba sottostare ad una normativa surreale e sia attaccata da tutto il mondo "no-OGM" per il suo presunto impatto ambientale, mentre le varietà Clearfield tolleranti all'Imazethapyr (per la legge non-OGM) possano essere bellamente commercializzate senza alcun tipo di risk assessment obbligatorio.

Hanno forse una classe di rischio diversa? Ne siamo sicuri?


Clearfield o Clearisk?


Innanzitutto gli esperti, ma anche i dati, ci dicono che la resistenza nel caso del frumento, del sorgo e del girasole si trasmetterà presto per incrocio alle specie selvatiche e infestanti che si trovano negli stessi campi coltivati o ai bordi.

Peraltro la resistenza agli inibitori delle ALS (nel caso specifico) è assai diffusa in natura (linea rossa), mentre, ad esempio, lo è molto meno quella alle glicine (linea azzurra) che sta alla base della tecnologia (OGM) Round-up.
Questo si è già visto con la costituzione di varietà di riso resistenti a questi erbicidi. La resistenza è già migrata nel riso crodo (red rice) al punto da rendere inservibile l’erbicida per il suo controllo. Nel caso del riso crodo, infatti, la frequenza della mutazione spontanea è cento volte inferiore al trasferimento per incrocio. In breve tempo quindi il trattamento con erbicida non servirà più e spesso non funzionano nemmeno altri erbicidi (della concorrenza) che colpiscono la ALS. In pratica si mette fuori uso la tecnologia propria e anche quella degli altri.

BASF è cosciente di ciò e richiede il rispetto di regole strettissime per non vanificare questa tecnologia, tra cui:
  • Purchase new seed (certified or registered) every year from a CLEARFIELD seed retailer. Do not save CLEARFIELD wheat seed to plant next year’s crop.
  • Use Beyond or Clearmax for weed control according to label directions, including the stated label rate and timing.
In sostanza non sembra comportarsi in modo diverso da molte altre ditte.
Ma la domanda che nasce spontanea è sempre quella: se le varietà Clearfield fossero OGM, quanti urli di dolore si sarebbero (ed in parte anche giustamente) levati? Però, non essendolo, anche se i rischi sono gli stessi o in alcuni casi peggiori di quelli delle colture GM (per legge), tutto tace.
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